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Vitaliano Brancati, La noia nel 937

Il blog di Marcella, Vitaliano Brancati, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaIl blog di Marcella, Vitaliano Brancati, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaÈ conosciuto soprattutto per Don Giovanni in Sicilia e Paolo il caldo ma Vitaliano Brancati vanta una produzione letteraria molto più complessa. E tra le città siciliane dipinte dalla sua penna non manca Caltanissetta, che emerge dalle pagine memorabili del racconto La noia nel ‘937. Domenico Vannantò, l’annoiato uomo di trent’anni che «capita a Caltanissetta» offre a Brancati l’occasione per abbandonarsi a una serie di suggestioni sul clima che regna nella città di quegli anni. Vannantò «s’era fermato a Caltanissetta perché aveva subito intuito che qui la noia toccherebbe un punto che altrove non aveva mai sfiorato. La cittadina di pietra gialla, sospesa su una squallida pianura; l’albergo affacciato sulla piccola stazione da cui trenini affaticati gettavano ogni tanto uno stridulo grido; i portoni chiusi di prima sera, ai piedi dei quali i cani roteavano su se stessi cercando di mordersi la coda; le nuvole che passavano di gran corsa, cacciate da un vento che non aveva tregua; la statua del Redentore in cima a un colle su cui piovevano gli sguardi dei carcerati dalle finestrine di un casamento livido; le fabbriche di chitarre ai piedi di vecchie chiese; il mantello del federale zoppo nella nebbia del tramonto; gli avvocati che gesticolavano davanti al portone di casa, mentre sul loro capo, stesa a un filo tra balcone e balcone, la loro camicia gesticolava anch’essa; le conferenze sull’impero, le paoline… cosa gli mancava per portare la noia al grado dell’esultanza?» Il pezzo è tratto dalle Opere di Vitaliano Brancati, a c. di Angelo Guglielmi, 1974, Milano, Bompiani. Così lo scrittore di Pachino vive la città in cui trascorre il 1937 e l’anno successivo, insegnando all’Istituto Magistrale “IX maggio” e frequentando la cerchia di intellettuali che a Caltanissetta animava la vita culturale. Una “piccola Atene” (espressione coniata da Leonardo Sciascia per descrivere il clima culturale di quegli anni) che permette di sottrarsi alla cappa di grigio e di noia che avvolge la provincia nissena in cui, abbandonate le simpatie iniziali per il fascismo, Brancati frequenta figure del calibro di Pompeo Colajanni e Leonardo Sciascia. Oltre che bello da leggere, il racconto stimola il lettore a riflettere sugli angusti confini della provincia (nissena e non), tappa obbligata per riconoscere quelli che oggi sono i pochi spazi aperti di una città moderna e libera che, nonostante l’impressione generale, pure esiste.
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