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Con un’attività che si tramanda di padre in figlio, Giuseppe Romano non demorde!

Giuseppe Romano all'opera
Giuseppe Romano all'opera
Giuseppe Romano all’opera!
Nei mesi scorsi Palermo ha riscoperto i lustrascarpe grazie alla locale Confartigianato. È bastata un’apposita selezione a richiamare settanta possibili “sciuscià” da destinare alle zone centrali del capoluogo siciliano. Ben settanta persone, alcune delle quali con laurea in tasca! Anche a Caltanissetta questo antico mestiere non ha mai perso il suo fascino ma il merito è tutto di una sola persona, Giuseppe Romano. Giuseppe dice di avere 87 anni ma guardandolo non si direbbe proprio. Sarà la passione per il lavoro a mantenerlo così bene? Tutte le mattine apre la sua bottega in corso Umberto, zona centralissima della città. Con poche cose, un ombrellone per difendersi dal sole o dalle intemperie, due sedie, spazzole, lucido e attrezzi del mestiere, da ben 75 anni Giuseppe non manca mai all’appuntamento. Mai! Nonostante le scarpe di oggi non siano più quelle di ieri e la pelle sia, in molti casi, un lontano ricordo. «Se mi metto a riposo…» Giuseppe fa il gesto della morte. «Ho un passatempo» sottolinea di essere vedovo e di continuare a lavorare anche per questo.  
Una bottega all'aperto
Una bottega all’aperto.
Chi ama il centro storico di Caltanissetta riesce ad immaginare la strada del Collegio senza di lui?
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Un vecchio quaderno di ricette può contenere tesori!

Un vecchio quaderno di ricette può contenere tesori
Un vecchio quaderno di ricette può contenere tesori!
A casa nostra, in questo periodo, i mandarini non mancano mai. I nostri due alberi ne fanno una quantità industriale e non sarebbe possibile smaltirli se non preparassimo almeno un paio di ricette che, negli anni, abbiamo sperimentato. Oggi vi proponiamo il sorbetto al mandarino come lo facciamo noi, per realizzarlo occorrono una gelatiera e tanta buona volontà. Ecco gli ingredienti principali:
  • 700 grammi di succo di mandarino
  • La scorza grattugiata di due mandarini
  • un albume montato a neve
  • 300 grammi di zucchero
 
Sorbetto in fase di preparazione
Sorbetto in fase di preparazione.
Versate 300 grammi di zucchero in una terrina, aggiungete la scorza grattugiata di due mandarini e mescolate bene permettendo agli ingredienti di amalgamarsi. Rompete un uovo, separate l’albume dal tuorlo e montate l’albume a neve. Incorporate l’albume al composto di zucchero e scorza grattugiata e mescolate fino ad amalgamare bene il tutto. Con uno spremiagrumi ricavate il succo dai mandarini, filtratelo con un colino e aggiungetelo al composto sempre mescolando. Versate il sorbetto in una casseruola e riscaldate a fuoco basso per pochi minuti.
Sorbetto al mandarino
Sorbetto al mandarino.
Lasciate raffreddare, versate nella gelatiera e fate girare fin quando il sorbetto non sarà pronto. Il risultato vi sorprenderà!
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Caltanissetta nelle fiabe di Italo Calvino!

Lo sapevate che nella raccolta di Fiabe italiane di Italo Calvino c’è anche Caltanissetta? Cosa non si scopre quando si hanno nipoti a cui leggere storie! La Sicilia fa la sua figura tra le fiabe pescate dalla tradizione popolare degli ultimi cento anni e trascritte in italiano da Calvino.

Il sorcetto con la coda che puzza.In questa raccolta tutte le regioni d’Italia hanno un loro spazio e le fiabe sono state trascritte dai vari dialetti. Caltanissetta è rappresentata da “La penna di hu” e dal “Sorcetto con la coda che puzza”, entrambe nel terzo volume della raccolta pubblicata per la prima volta da Einaudi nel 1956. “Hu” sta per “pavone” e alla fiaba fa da sfondo un fratricidio. “Il sorcetto con la coda che puzza” è invece un principe, bello ma prigioniero di un incantesimo. Sarà così anche Caltanissetta, bella ma prigioniera?
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Panella? Un piatto da re, parola di Pippo Labrone!

Panelle ancora da friggere
Le formine per fare le panelle
Le formine per fare le panelle
Lo trovate sempre in via Scovazzo, intento a friggere e imbottire. Pippo Labrone lavora nella sua bottega fin dalle prime luci del mattino per realizzare, insieme a suo figlio Totò, l’impasto che poi servirà a ricavare tante panelle gustose e croccanti. Queste mezze lune di farina di ceci oggi fanno parte dello “street food” ma esistono da tempo immemore. A Palermo le panelle si fanno con le erbe aromatiche, usanza che non esiste a Caltanissetta
Pippo Labrone fa le panelle
Pippo Labrone fa le panelle
Nelle nostre zone la panella è infatti nuda e profumi e aromi le vengono dati dall’olio bollente. Una passione per il ciclismo alle spalle che lo ha portato a vincere diversi campionati regionali, Pippo ha oggi 75 anni e lavora da quando ne aveva dieci. Da bambino vendeva le panelle prodotte da suo padre Salvatore, pioniere dell’attività e custode di una ricetta che si tramanda di padre in figlio. Durante la seconda guerra mondiale, Salvatore era cuoco all’Istituto Testasecca, allora adibito ad ospedale militare. Di origini palermitane ma trapiantato a Caltanissetta, Salvatore avviò la sua attività a guerra finita. Oggi quell’attività esiste ancora, in un territorio dove la crisi economica ha tagliato le gambe a molti.
La frittura
La frittura
La mafalda è il classico pane da imbottire con le panelle
La mafalda è il classico pane da imbottire con le panelle
Il segreto di questo successo? «La qualità del prodotto» dice Pippo, categorico. E un lavoro indefesso che lo ha portato ad aprire un altro chiosco nella zona periferica della città. A noi non resta che augurargli di continuare a fare un buon lavoro!
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Signore e Signori, Sua Maestà la Cassata!

La cassata
La cassata siciliana
La cassata siciliana
La ricotta può non piacere e la pasta reale risultare molto dolce a quanti non amano la pasticceria. Ciò detto, aggiungo che tutti (o quasi) mostrano di apprezzare la cassata per il suo aspetto. Se la pasticceria siciliana è un vero e proprio colpo d’occhio, mademoiselle la cassata è infatti la regina di tutte le torte o almeno di quelle isolane.
Mademoiselle la cassata
Mademoiselle la cassata
La glassa la rende eterea e la pasta reale, vivace. La corona di frutta candita, poi, le conferisce un aspetto regale e le vetrine di ogni pasticceria guadagnano in bellezza grazie a questo dolce, dalle origini che si perdono nella notte dei tempi.
La frutta candita elegante e maestosa
La frutta candita elegante e maestosa
Anche in questo caso, due scuole di pensiero tirano in ballo l’una i romani (dal latino caseum, formaggio) e l’altra gli arabi (qas’at, bacinella). Le diverse varianti locali della cassata, inserita nell’Elenco nazionale dei Prodotti agroalimentari tradizionali, ci dicono però che le storie sulle sue origini non sono poche. E anche se non è una torta di compleanno, si presta a qualsiasi occasione. Non trovate anche voi?
La cassata siciliana come la facciamo noi
La cassata siciliana come la facciamo noi
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Alaimo&Strazzeri, La Cuddrireddra.

cuddiredda, il blog di marcella, torronificio m. geraci, caltanissettacuddiredda, il blog di marcella, torronificio m. geraci, caltanissetta Come molte altre specialità della pasticceria siciliana, la cuddrireddra è nata fra le pareti domestiche, dall’estro delle massaie che ne hanno tramandato la ricetta di madre in figlia. Questa leccornia tipica del Carnevale di Delia (paese in provincia di Caltanissetta) si chiama Cuddrireddra perché ha le sembianze di una piccola corona, impreziosita dalla mescolanza di ingredienti semplici ma caratteristici del territorio in cui viene prodotta. Si racconta che questa forma la si deve alla volontà di fare omaggio alle castellane della fortezza medievale che sovrastava il paese durante i Vespri siciliani. La farina di frumento viene impastata con il vino, le uova e lo zucchero e il composto ottenuto viene insaporito dalla cannella e dalle scorze d’arancia, lavorato in forma rotonda e fritto in olio d’oliva di produzione locale. Maestra nella preparazione di questo dolce divenuto anche Presidio Slow Food è l’azienda Alaimo&Strazzeri, che svolge a Delia la propria attività utilizzando gli antichi metodi adottati dalla civiltà contadina. Per saperne di più è possibile collegarsi al sito www.lacuddrireddra.com 1
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Gelaterie “FataMorgana”, Roma

Gelateria FataMorgana, Roma, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta, il Blog di MarcellaGelateria FataMorgana, Roma, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta, il Blog di MarcellaPasseggiare per Roma può essere una buona occasione per gustare le specialità della gelateria artigianale Fatamorgana, nata dall’eclettica esperienza di Maria Agnese Spagnuolo, donna dalle origini pugliesi che trascorre infanzia e adolescenza tra ortaggi, verdure e alberi da frutto. Proprio questo contatto con la genuinità della terra permette a Maria Agnese di affermarsi nella capitale attraverso il gelato, alimento per il quale nutre fin da piccola un’autentica passione. E oggi, nella sola Roma la gelateria Fata Morgana ha ben sette punti vendita, uno dei quali a Trastevere. La storia di questa bella esperienza aziendale inizia con l’acquisto di un manuale sul gelato artigianale italiano in uno dei tanti mercatini dell’usato. Gelateria FataMorgana, Roma, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta, il Blog di MarcellaL’allora quattordicenne Maria Agnese trasferisce così la sua passione dal palato alle mani. La preparazione del gelato per sé e la famiglia non le impedisce però di studiare per fare l’attrice e di andare in giro per l’Italia con la compagnia teatrale. Nel 2001 Maria Agnese si trasferisce a Roma con il suo compagno, che diventa anche socio negli affari. Una diagnosi di celiachia la spinge a sperimentare nuovi abbinamenti per ottenere gusti compatibili con l’intolleranza al glutine. E quando nel 2002 intraprende seriamente il lavoro di gelataia, anche a causa della crisi del teatro, la sua caratteristica non passa inosservata. Maria Agnese Spagnuolo assembla infatti cinque ingredienti per ogni gusto senza mai usare additivi, addensanti, conservanti, coloranti, paste o preparati di base. La frutta è sempre di stagione e le spezie non sono mai in polvere, tutte ragioni che le hanno procurato una nomination per la qualità da parte del Gambero Rosso, nel 2005. Oggi le oltre trecento ricette di Maria Agnese Spagnuolo comprendono gelati al gusto di baklava, mandorla e arancia, pera al gorgonzola e molto altro, consultabile sul sito gelateriafatamorgana.com. Ma i gelati è meglio mangiarli e ottimi (per noi) sono quelli ai gusti di liquirizia e di basilico, noci e miele.Gelateria FataMorgana, Roma, Torronificio M. Geraci, Caltanissetta, il Blog di Marcella
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Vitaliano Brancati, La noia nel 937

Il blog di Marcella, Vitaliano Brancati, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaIl blog di Marcella, Vitaliano Brancati, Torronificio M. Geraci, CaltanissettaÈ conosciuto soprattutto per Don Giovanni in Sicilia e Paolo il caldo ma Vitaliano Brancati vanta una produzione letteraria molto più complessa. E tra le città siciliane dipinte dalla sua penna non manca Caltanissetta, che emerge dalle pagine memorabili del racconto La noia nel ‘937. Domenico Vannantò, l’annoiato uomo di trent’anni che «capita a Caltanissetta» offre a Brancati l’occasione per abbandonarsi a una serie di suggestioni sul clima che regna nella città di quegli anni. Vannantò «s’era fermato a Caltanissetta perché aveva subito intuito che qui la noia toccherebbe un punto che altrove non aveva mai sfiorato. La cittadina di pietra gialla, sospesa su una squallida pianura; l’albergo affacciato sulla piccola stazione da cui trenini affaticati gettavano ogni tanto uno stridulo grido; i portoni chiusi di prima sera, ai piedi dei quali i cani roteavano su se stessi cercando di mordersi la coda; le nuvole che passavano di gran corsa, cacciate da un vento che non aveva tregua; la statua del Redentore in cima a un colle su cui piovevano gli sguardi dei carcerati dalle finestrine di un casamento livido; le fabbriche di chitarre ai piedi di vecchie chiese; il mantello del federale zoppo nella nebbia del tramonto; gli avvocati che gesticolavano davanti al portone di casa, mentre sul loro capo, stesa a un filo tra balcone e balcone, la loro camicia gesticolava anch’essa; le conferenze sull’impero, le paoline… cosa gli mancava per portare la noia al grado dell’esultanza?» Il pezzo è tratto dalle Opere di Vitaliano Brancati, a c. di Angelo Guglielmi, 1974, Milano, Bompiani. Così lo scrittore di Pachino vive la città in cui trascorre il 1937 e l’anno successivo, insegnando all’Istituto Magistrale “IX maggio” e frequentando la cerchia di intellettuali che a Caltanissetta animava la vita culturale. Una “piccola Atene” (espressione coniata da Leonardo Sciascia per descrivere il clima culturale di quegli anni) che permette di sottrarsi alla cappa di grigio e di noia che avvolge la provincia nissena in cui, abbandonate le simpatie iniziali per il fascismo, Brancati frequenta figure del calibro di Pompeo Colajanni e Leonardo Sciascia. Oltre che bello da leggere, il racconto stimola il lettore a riflettere sugli angusti confini della provincia (nissena e non), tappa obbligata per riconoscere quelli che oggi sono i pochi spazi aperti di una città moderna e libera che, nonostante l’impressione generale, pure esiste.
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Dolce Sicilia

La copertina di Dolce Sicilia, Torronificio GeraciLa copertina di Dolce Sicilia, Torronificio GeraciUn libro fotografico è l’ideale per raccontare l’eccellenza dolciaria siciliana, soprattutto se vincitore della Sezione Italia del Gourmand World Cookbook Award nel 2012. Il volume si intitola “Dolce Sicilia” ed è il risultato del lavoro del fotografo Giò Martorana e del giornalista Marco Ghiotto, due cognomi che calzano a pennello con le vicende narrate nelle 176 pagine del libro, edito da Electa. Denso di illustrazioni e storie, il volume racconta un’eredità agroalimentare che nasce dalla biodiversità del territorio e dalla grande inventiva degli artigiani siciliani. Ogni prodotto è una storia e un paesaggio, insomma il pezzo di un’isola mai uguale a sé stessa come fosse uno scrigno pieno di tesori nascosti. Nel libro ci siamo anche noi, tra fichi d’india, mandorle, pistacchi, ceramiche pregiate e informazioni utili sulla Sicilia delle produzioni artigianali d’eccellenza. “Dolce Sicilia” è anche un bel regalo agli intenditori di fotografia, magari accompagnato da qualche prelibatezza nostrana per dare forma e gusto alla nostra bellissima isola. Dolce Sicilia 2Dolce Sicilia 1
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Il torrone di Caltanissetta diventa prodotto tradizionale

torrone tipico tradizionale siciliano Geraci
torrone tipico tradizionale siciliano Geraci
Il torrone tipico tradizionale siciliano M. Geraci

Il torrone siciliano di Caltanissetta diventa prodotto agroalimentare tradizionale, Certificazione nella Gazzetta Ufficiale, numero 142 del 20 giugno 2012

Fondamentale l’azione del Torronificio Geraci

Successo per la gastronomia siciliana: il torrone siciliano di Caltanissetta diventa prodotto agroalimentare tradizionale. La certificazione è arrivata nella Gazzetta Ufficiale, numero 142 del 20 giugno 2012. Nel giornale, la tipologia “Paste fresche e prodotti della panetteria, della biscotteria, della pasticceria e della confetteria” presenta il torrone siciliano di Caltanissetta (detto anche turruni) al numero 184. Tale revisione presenta anche una relazione completa, con materie prime e sistemi di produzione. A presentarla, una coalizione composta dal Torronificio Geraci, dall’Assessorato Regionale delle Risorse Agricole e Alimentari del Dipartimento Regionale degli Interventi Strutturali per l’Agricoltura. L’istanza è stata accolta dal Ministero delle Politiche Agricole e forestali, che ha così certificato la natura particolare del dolce siciliano. Tra i più soddisfatti, il Torronificio Geraci, in attività dal 1870 e tra le eccellenze alimentari locali, tanto da ricevere il premio di Unioncamere per “Italia 150. Le radici del futuro”. Spiega la rappresentante legale, Giuliana Geraci: “Siamo molto orgogliosi di avere arricchito l’elenco nazionale con il dolce tradizionale di Caltanissetta. Ringraziamo i dirigenti dell’Assessorato Regionale che hanno curato la pratica ed auspichiamo che la presenza del torrone siciliano di Caltanissetta nell’elenco elargisca il giusto riconoscimento al contributo che Caltanissetta ha apportato nella storia della pasticceria e del lavoro del nostro Paese”. [Fonte: Newsfood.com]