DOPO IL GRANDE SUCCESSOALL’EVENTO DI CHIUSURA DELLE ALTE ARTIGIANALITA’ DI DOLCE & GABBANA, IL TORRONIFICIO GERACI CONQUISTA UN NUOVO PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO
GourmArte 2017 ha attribuito il riconoscimento di “Maestro del gusto” al Torronificio Geraci, che produce torrone e specialità siciliane a Caltanissetta dal 1870.
Dopo il grande successo riscontrato nell’incantevole scenario del Castello Lanza Branciforte di Trabia per l’evento di chiusura delle Alte Artigianalità di Dolce & Gabbana, la Commissione che seleziona i prodotti chiamati a rappresentare il meglio dell’enogastronomia Made in Italy a GourmArte 2017 ha individuato il Torrone Bloc biologico di Geraci quale testimone d’eccellenza.
La Commissione GourmArte, presieduta da Elio Ghisalberti, ha quindi attribuito al Torronificio Geraci il riconoscimento di “Maestro del gusto” per l’anno 2017. La storica azienda nissena di torrone e specialità siciliane ritirerà il premio nel corso della VI edizione di GourmArte, che si terrà dall’1 al 3 dicembre alla Fiera di Bergamo.
Il Torronificio Geraci nel corso della sua lunga storia ha partecipato a numerosi eventi di prestigio ed ottenuto importanti riconoscimenti, come il Premio Massimo Alberini 2016 conferito dall’Accademia della Cucina.
Nel 2011 l’azienda Geraci è stata l’unica realtà produttiva siciliana ad essere premiata da UNIONCAMERE in occasione di “Italia 150. Le radici del futuro” tra le imprese che hanno fatto la storia d’Italia.
A questi premi più recenti se ne aggiungono molti altri, ottenuti dal Torronificio a partire dal 1895. L’azienda è anche presente in diverse pubblicazioni importanti, fra le quali il libro fotografico di Giò Martorana e Marco Ghiotto, “Dolce Sicilia” (Mondadori), terzo classificato al Gourmand World Cookbook Award 2012.
Per ulteriori informazioni:
Marcella Geraci (addetto stampa)
Cell. 328 3065513 – marcellageraci@hotmail.com
Torronificio M. Geraci Snc di Geraci Giuliana Dafne & C.
Via Canonico Pulci, 10/14
93100 Caltanissetta
Tel. 0934 581570
E’ arrivato l’inverno e al Torronificio M. Geraci abbiamo deciso di festeggiarlo con uno sconto del 10% su tutti i prodotti ordinati tramite il nostro sito www.geraci1870.com, torroni, torroncini, paste di mandorla e di pistacchio, e molto altro ancora!
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Vera e propria specialità lombarda, la torta paradiso è una vera prelibatezza.
A colazione, a fine pasto (intinta in un vino dolce) o per merenda, questa torta non vi lascerà delusi, ideale soprattutto nei periodi invernali per il grande apporto calorico che contiene.
Per la ricetta abbiamo preso in considerazione il volume “Dolci da forno” della Scuola di cucina di Slow Food, edito per la prima volta dalla Giunti nel 2014.
Abbiamo però apportato alcune modifiche a nostro gusto per quanto riguarda i tempi di cottura e qualche ingrediente.
Per realizzare la torta paradiso occorrono:
Grammi 200 di burro
Grammi 300 di zucchero semolato
Quattro uova
Un pizzico di sale
Grammi 250 di fecola di patate
Grammi 50 di farina tipo 00
Una bustina di lievito chimico per dolci
Mezzo limone
Due cucchiai di rum scuro
Zucchero a velo (facoltativo)
Tirate fuori il burro dal frigorifero mezz’ora prima di preparare la torta, in modo da farlo diventare morbido e più facile da lavorare.
Montate quindi il burro con lo zucchero in modo da ottenere una crema spumosa e aggiungete prima i tuorli d’uovo e poi gli albumi montati a neve con un pizzico di sale.
Amalgamate bene tutto, anche con la frusta elettrica se occorre, e incorporate al composto il succo di limone filtrato e i due cucchiai di rum.
A questo punto unite all’impasto farina, fecola e lievito, filtrandoli con un colino o un setaccio e mescolando di nuovo tutto in modo da amalgamare bene gli ingredienti.
Visto che nella fase di cottura la torta cresce molto, utilizzate una tortiera a bordi alti, che abbia circa 25 centimetri di diametro, imburrata e infarinata se non è in silicone.
Portate la temperatura del forno a 180° e fate cuocere per un’ora.
A fine cottura, fate raffreddare il dolce e cospargetelo (se volete) di zucchero a velo prima di servirlo.
La leggerezza profonda che Italo Calvino infonde ai suoi personaggi non risparmia neanche Marcovaldo, una delle figure più riuscite tra quelle create dalla penna del grande scrittore italiano.
Pubblicato per la prima volta nel 1963, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città è un libro composto da venti novelle per ragazzi ed è scritto a metà tra il forte retaggio che la civiltà contadina ancora esercita nel nostro Paese negli anni in cui la penna di Calvino tratteggia il suo personaggio, e cioè dagli inizi dei Cinquanta in poi, e i primi albori della società dei consumi.
Marcovaldo è un personaggio buono e un po’ sfortunato, che tende a suscitare le simpatie del lettore con l’aria impacciata dell’uomo di campagna trapiantato in una città che fa fatica a comprendere.
Sfortunato, buono e povero di mezzi, Marcovaldo affronta, insieme alla sua famiglia, le vicissitudini che l’ambiente urbano gli procura: dal mangiare funghi velenosi al dormire in una panchina che si rivela diversa dal luogo di libera serenità immaginato e così via.
Si tratta di un personaggio che vive ai margini di quella società opulenta che le possibilità di lavoro e la tecnologia contribuiscono a determinare, un uomo che sfugge cioè a quel boom economico che caratterizza l’Italia del Dopoguerra.
Marcovaldo è forse un libro per bambini, sicuramente un libro per ragazzi e (ci sentiamo di suggerire) un libro per adulti.
Lette dal basso del nostro presente, queste pagine di Calvino ci spingono a riflettere sul tema del difficile rapporto con un mondo in continuo cambiamento.
Questa torta al limone è molto semplice da realizzare e il fatto che non contenga lieviti la rende ancora più digeribile rispetto ad altri dolci.
Gli ingredienti da utilizzare sono i seguenti:
quattro uova
un limone non trattato dalla buccia compatta e in buone condizioni
grammi 300 di farina tipo 00
grammi 300 di zucchero
grammi 30 di burro
una noce di burro e un po’ di farina per ungere la teglia, nel caso non abbiate lo stampo in silicone.
Rompete le uova dividendo i tuorli dagli albumi e montate questi ultimi a neve ferma.
Mettete i tuorli in una terrina e aggiungete piano piano lo zucchero, sempre mescolando per ottenere un composto spumoso al quale unire gli albumi montati in precedenza.
Setacciate la farina un po’ alla volta sopra il composto di uova e zucchero e mescolate il tutto cercando di evitare che si formino grumi, magari usando la frusta elettrica.
Lavate bene il limone e grattugiate la scorza unendola agli altri ingredienti, aggiungendo infine il burro fuso.
Mescolate ancora tutto con la frusta elettrica e versate l’impasto in una tortiera unta o in uno stampo in silicone.
Portate la temperatura del forno a 180° e fate cuocere per un’ora.
A fine cottura capovolgete la torta su un piatto e fate raffreddare.
L’ingrediente principale da utilizzare per realizzare questa ciambella è lo yougurt bianco naturale, privo di zucchero.
I contenitori dello yogurt possono fungere da misurini per dosare gli altri ingredienti, anche se questa ciambella non è una torta “sette vasetti” classica.
Abbiamo infatti preferito non utilizzare fecola di patate e olio di semi ma una dose minima di olio d’oliva per rendere più morbido l’impasto.
Per preparare questo dolce occorrono:
Due vasetti di yogurt bianco naturale (grammi 250 in tutto)
Tre vasetti di farina tipo 00
Due vasetti di zucchero bianco semolato
Una bustina di lievito per dolci
Il fondo di un vasetto di olio extravergine d’oliva
Tre uova
Burro e farina per lo stampo.
Rompete le uova e separate i tuorli dagli albumi. In una terrina, unite lo zucchero ai tuorli e mescolate il tutto fino ad ottenere una crema spumosa.
A parte, montate gli albumi a neve, aggiungeteli al composto di tuorli e zucchero e mescolate per amalgamare bene.
Aggiungete quindi i due vasetti di yogurt, continuando a mescolare usando, se è il caso, una frusta elettrica.
A questo punto unite anche la farina, setacciandola con un colino, e il lievito, sempre setacciato.
Mescolate bene tutto e aggiungete il fondo di un vasetto di olio d’oliva (che l’olio non arrivi a metà vasetto, altrimenti ne risentirà il gusto della ciambella).
Mescolate di nuovo tutto con la frusta elettrica e ungete di burro uno stampo, cospargendolo infine di farina.
Versate l’impasto nello stampo e portate la temperatura del forno a 180°.
Se volete una ciambella ben cotta, lasciatela cuocere per un’ora, altrimenti 45 minuti basteranno.
Il metodo dello stuzzicadenti o della forchetta per verificare lo stato della cottura del dolce rimane sempre valido.
“Gelato al cioccolato, dolce e un po’ salato” dice il refrain del grande successo musicale cantato da Pupo.
Con il suo colore scuro e quel sapore dolce non ben definito, il gelato al cioccolato può essere considerato un intramontabile leitmotiv della gelateria. Chi possiede una gelatiera può prepararlo a casa utilizzando gli ingredienti che più preferisce. Per la nostra versione leggera abbiamo utilizzato il cacao amaro e il risultato non vi deluderà:
Un litro di latte parzialmente scremato
Grammi 125 di cacao amaro
Grammi 600 di zucchero
Due albumi d’uovo.
Rompete le uova separando i tuorli dagli albumi e montate questi ultimi a neve.
Mettete lo zucchero in una casseruola e aggiungete, setacciandoli con un colino, i 125 grammi di cacao amaro.
Amalgamate bene il tutto e incorporate gli albumi a neve, continuando a mescolare.
Versate infine il latte parzialmente scremato e mescolate in modo che non si formino grumi.
Mettete la casseruola sul fuoco basso per una decina di minuti, continuando a mescolare in modo che gli ingredienti si fondano bene ma senza arrivare ad ebollizione.
Lasciate raffreddare il composto a temperatura ambiente e, quando si sarà raffreddato, riponetelo in frigorifero per qualche ora.
Versate infine il composto nella gelatiera e se un giro non dovesse essere sufficiente a far mantecare il gelato, programmatene un altro.
Giovannino racconta la sua lunga strada, dalla povertà contadina all’ingresso nella mafia, un affresco crudo e spietato, difficile da giudicare nella sua interezza.
Pubblicato per la prima volta da Mondadori nel 1988 e ripubblicato nel 2010 da Lussografica, “Uomo di rispetto” è la biografia che un anonimo soldato della mafia narra allo scrittore e giornalista Enzo Russo.
Un racconto che prende le mosse da un’infanzia povera nelle campagne della provincia nissena per approdare in una Palermo dove l’eroina, l’edilizia e il riciclaggio fanno le fortune di un’organizzazione criminale divenuta ancora più sanguinaria e al passo coi tempi.
È la Palermo dei Corleonesi, i feroci artigiani di morte che porteranno la Sicilia nel tunnel delle stragi.
Tradotta in quattordici lingue e ridotta ad un film – tv diretto dal regista Damiano Damiani, la testimonianza raccolta da Enzo Russo si rivela al lettore in tutto il suo realismo.
Nulla è risparmiato, dal primo delitto alle regole ferree di una mafia in evoluzione, dall’amore per una moglie stritolata negli ingranaggi dai quali lo stesso Giovannino riesce a fuggire alle considerazioni amare della fine del racconto, dove non ci si pente di una vita vissuta agli ordini di boss e notabili ma si avvertono tutti i limiti di una condizione anomala e in qualche modo sofferta.
Difficile aggiungere altre parole su un libro che si legge tutto d’un fiato e che rimane coinvolgente ed emozionante, comunque la si pensi.
Come molte altre specialità della pasticceria siciliana, la cuddrireddra è nata fra le pareti domestiche, dall’estro delle massaie che ne hanno tramandato la ricetta di madre in figlia.
Questa leccornia tipica del Carnevale di Delia (paese in provincia di Caltanissetta) si chiama Cuddrireddra perché ha le sembianze di una piccola corona, impreziosita dalla mescolanza di ingredienti semplici ma caratteristici del territorio in cui viene prodotta.
Si racconta che questa forma la si deve alla volontà di fare omaggio alle castellane della fortezza medievale che sovrastava il paese durante i Vespri siciliani.
La farina di frumento viene impastata con il vino, le uova e lo zucchero e il composto ottenuto viene insaporito dalla cannella e dalle scorze d’arancia, lavorato in forma rotonda e fritto in olio d’oliva di produzione locale.
Maestra nella preparazione di questo dolce divenuto anche Presidio Slow Food è l’azienda Alaimo&Strazzeri, che svolge a Delia la propria attività utilizzando gli antichi metodi adottati dalla civiltà contadina.
Per saperne di più è possibile collegarsi al sito www.lacuddrireddra.com
Diciamo subito che per fare questo gelato occorre il nostro torrone tradizionale o Bloc, perché gli ingredienti che abbiamo utilizzato sono stati abbinati in funzione del torrone.
L’utilizzo di un altro prodotto darà inevitabilmente un risultato diverso.
Aggiungiamo che abbiamo scelto di usare il latte parzialmente scremato al posto del latte intero e della panna per rendere il gelato più leggero e digeribile.
Proprio per questo il gelato è casalingo e anche l’utilizzo del solo albume d’uovo lo rende congeniale a chi non vuole rinunziare al dessert senza appesantirsi troppo.
Per fare il gelato casalingo al torrone Geraci occorre avere una gelatiera (noi ci troviamo bene con la Simac) dove far gelare il composto realizzato con:
grammi 250 di torrone tradizionale o Bloc Geraci macinato
una spolverata di granella di torrone tradizionale o Bloc Geraci per guarnire (facoltativa)
grammi 300 di zucchero
un albume d’uovo montato a neve
un litro di latte parzialmente scremato.
Macinate il torrone Geraci in casa con il frullatore o acquistatelo direttamente macinato.
Prendete il torrone Geraci macinato, mettetelo in una casseruola, aggiungete lo zucchero e mescolate il tutto.
Montate a neve l’albume d’uovo e aggiungetelo allo zucchero e al torrone Geraci sempre mescolando, in modo da distribuirlo uniformemente.
Versate infine il latte parzialmente scremato sul composto e mescolate un’altra volta.
Prendete la casseruola e mettetela sul fuoco basso per una decina di minuti, continuando a mescolare.
Spegnete il fuoco, fate raffreddare a temperatura ambiente e mettete in frigo per almeno un paio d’ore.
Trascorso il tempo necessario, mettete il composto nella gelatiera.
Se un giro non dovesse essere sufficiente a far gelare tutto, fate girare il composto una seconda volta.
Quando il gelato sarà pronto, conservatelo nel freezer e ricordate di guarnirlo con una spolverata di granella di torrone Geraci prima di servirlo.
Pubblicato nel 1993 da Camunia, “Gente semplice” è uno dei libri che meglio rappresenta Danilo Dolci, l’intellettuale italiano noto per le sue lotte non violente contro la mafia e in favore dello sviluppo sociale e dei diritti dei lavoratori.
Il libro assembla i racconti delle persone più diverse a sostegno di una cultura fatta di indicatori per saper vivere (pag. 152, “Voci della Scuola di Pace di Boves”) posseduti anche da chi affronta l’esistenza senza libri, con mezzi propri. Parlano il contadino, il fungarolo, la donna che raccoglie le cipolle per vivere, il bambino ma anche gli studenti e le studentesse, gli intellettuali che esprimono grandi concetti semplicemente.
Il libro è un discorso collettivo sulla necessità di comunicare per costruire la pace, scritto con il contributo degli uomini e delle donne che sembrano rimanere ai margini della comunicazione mediatica, depositari e depositarie di quelle culture condannate ben prima del 1993 all’estinzione, schiacciate dalla televisione e da un controllo sociale esercitato attraverso la diffusione capillare di mass media al servizio delle classi dominanti.
Dal libro emerge l’utilità e la dignità di saper leggere anche rocce, alberi, voli, creature, il mare, le nuvole, le stelle. Leggere nel lavoro (Prefazione, pagina V).
E perché no? Leggere il cibo.
Tutto per avviare percorsi di ricerca che nascano dalla comunicazione e non dalla trasmissione di verità preconfezionate senza il coinvolgimento e la partecipazione di tutti gli interessati.
Proprio questa differenza tra comunicare e trasmettere è una delle caratteristiche principali del lavoro sociale ed educativo di Danilo Dolci che ha conquistato, con il suo metodo, il soprannome di Gandhi italiano.
Per saperne di più www.danilodolci.org
Passeggiare per Roma può essere una buona occasione per gustare le specialità della gelateria artigianale Fatamorgana, nata dall’eclettica esperienza di Maria Agnese Spagnuolo, donna dalle origini pugliesi che trascorre infanzia e adolescenza tra ortaggi, verdure e alberi da frutto.
Proprio questo contatto con la genuinità della terra permette a Maria Agnese di affermarsi nella capitale attraverso il gelato, alimento per il quale nutre fin da piccola un’autentica passione.
E oggi, nella sola Roma la gelateria Fata Morgana ha ben sette punti vendita, uno dei quali a Trastevere.
La storia di questa bella esperienza aziendale inizia con l’acquisto di un manuale sul gelato artigianale italiano in uno dei tanti mercatini dell’usato.
L’allora quattordicenne Maria Agnese trasferisce così la sua passione dal palato alle mani.
La preparazione del gelato per sé e la famiglia non le impedisce però di studiare per fare l’attrice e di andare in giro per l’Italia con la compagnia teatrale.
Nel 2001 Maria Agnese si trasferisce a Roma con il suo compagno, che diventa anche socio negli affari.
Una diagnosi di celiachia la spinge a sperimentare nuovi abbinamenti per ottenere gusti compatibili con l’intolleranza al glutine.
E quando nel 2002 intraprende seriamente il lavoro di gelataia, anche a causa della crisi del teatro, la sua caratteristica non passa inosservata.
Maria Agnese Spagnuolo assembla infatti cinque ingredienti per ogni gusto senza mai usare additivi, addensanti, conservanti, coloranti, paste o preparati di base.
La frutta è sempre di stagione e le spezie non sono mai in polvere, tutte ragioni che le hanno procurato una nomination per la qualità da parte del Gambero Rosso, nel 2005.
Oggi le oltre trecento ricette di Maria Agnese Spagnuolo comprendono gelati al gusto di baklava, mandorla e arancia, pera al gorgonzola e molto altro, consultabile sul sito gelateriafatamorgana.com.
Ma i gelati è meglio mangiarli e ottimi (per noi) sono quelli ai gusti di liquirizia e di basilico, noci e miele.
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